L’atlante del Gran Khan contiene anche le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora scoperte o fondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la Città del Sole, Oceana, Tamoé, Armonia, New-Lanark, Icaria.
Chiese a Marco Kublai:- Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi.
- Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta né fissare la data dell’approdo. Alle volte mi basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t’ho detto.
Già il Gran Khan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World.
Dice:- Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.
E Polo:- L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Calvino Italo, Le città invisibili, Segrate, Mondadori, 2016, pagine 159-160.

Chi siamo

Siamo tre giovani ricercatori di italianistica dell'università di Bologna. Da anni ci occupiamo di storia, letteratura contemporanea e linguistica ma condividiamo la passione per le Digital Humanities, e crediamo in questa disciplina come nuovo mezzo per diffondere i risultati delle nostre ricerche. Ci siamo coosciuti quando eravamo solo delle matricole e non si siamo più persi di vista condividendo studio, sogni, appartamenti, speranze e qualche litigio. Per saperne di più, contattaci!

Cosa facciamo

Perlopiù immaginiamo.
In questo caso ci siamo immaginati il futuro, quella parte di storia che nessun manuale può raccontarci perchè dipende solo da noi. Nel corso di questi anni universitari abbiamo incontrato altri che, come noi, hanno immaginato e scritto sul mondo che verrà. Vogliamo quindi mappare il più fedelmente possibile un mondo che non c'è, ma che potrebbe essere, basandoci sulle utopie e distopie letterarie che conosciamo e abbiamo studiato in questi anni.